Ercole o la tragedia della gelosia

All’Oper Frankfurt grande successo per l’opera di Georg Friedrich Händel in un nuovo allestimento firmato da Barrie Kosky con la direzione  di Laurence Cummings

Hercules (Foto Monika Ritterhaus)
Hercules (Foto Monika Ritterhaus)
Recensione
classica
Frankfurt am Main, Oper Frankfurt (Opernhaus)
Hercules
30 Aprile 2023 - 26 Giugno 2023

Gelosia, peste infernale. Ne è vittima Dejanira, dal primo istante in cui vede la nuova preda di guerra del consorte Ercole, la bella e giovane Iole, figlia dello sconfitto re di Ecalia. Dejanira è tormentata da quella presunta rivale fino a tentare la carta estrema: far indossare al marito la veste intrisa nel sangue del centauro Nesso per riconquistare il suo amore. Ma non si tratta che un inganno postumo del suo tentato stupratore Nesso: la veste, impregnata di veleno, porterà alla morte fra infiniti tormenti Ercole e a una follia disperata la donna. È il nucleo drammatico di Hercules, “dramma per musica” prima ancora che oratorio dell’Händel più maturo musicalmente e più profondo nello scandaglio psicologico dei personaggi. Della forma oratorio resta la presenza importante del coro, che, come nella tragedia greca, è parte attiva del dramma ma anche suo spettatore partecipe.

All’essenzialità della tragedia greca si rifà Barrie Kosky per il suo nuovo allestimento del lavoro händeliano, andato in scena con grande successo all’Oper Frankfurt in una coproduzione con la Komische Oper di Berlino, che lo presenterà nella prossima stagione. La cruda rappresentazione della gelosia nella figura di Dejanira è l’elemento chiave dello spettacolo, che, ancora più che in altri di Kosky, punta agli elementi essenziali del dramma. Il palcoscenico è spoglio e puramente funzionale ai movimenti, curatissimi, ai quali è completamente affidata la narrazione. Qualsiasi elemento decorativo è bandito dalla scatola di legno chiaro disegnata da Katrin Lea Tag per accogliere l’azione, con la sola eccezione di una tenda come fondale contro la parete lignea di fondo, di una statua di Ercole seduta su un sofà nella prima parte e di una seconda statua dell’eroe appoggiato alla clava nella seconda. Il resto sono le luci, livide e impietose e di Joachim Klein, e soprattutto il movimento. Straordinario il lavoro fatto da Kosky sul Coro dell’Oper Frankfurt, musicalmente preciso e completamente partecipe dell’eloquente disegno coreografico che lo trasforma in uno dei protagonisti dell’opera, cancellando completamente ogni traccia di statica monumentalità frequente nella forma oratorio, da sempre estranea, comunque, alla cifra registica di Kosky. Altrettanto straordinario lo scavo psicologico nei singoli personaggi che soprattutto nella straordinaria Dejanira di Paula Murrihy si traduce in un articolatissimo alfabeto di espressioni e gesti – dalla furia trattenuta a stento alla depressione che la svuota e rende impotente – che completano e arricchiscono una prova vocale di assoluto rilievo. Altrettanto riuscito i ritratti del fragile Hyllus, il rampollo dell’eroe (con tutto il fardello psicologico che comporta l’ombra di un padre tanto potente), secondo Michael Porter, anche interprete di stile e vocalità impeccabili, e della Iole di sottile malizia di Elena Villalón che aggiunge a una grande disinvoltura scenica (il suo ingresso in scena come oggetto di scherno e violenze del popolo di Trachinia è travolgente) una linea vocale di limpida freschezza. Meno sfumato invece è l’Ercole di Anthony Robin Schneider, che dona al suo personaggio una presenza corposa anche nel fisico imponente e una vocalità duttile e stilisticamente apprezzabile. Più debole, invece, soprattutto sul piano vocale la prova di Kelsey Lauritano che è Lichas qui, con veniale licenza rispetto all’originale, sorella di Ercole e non araldo dell’esercito dell’eroe. Infine, Erik van Heyningen è una presenza breve ma marcante anche sul piano vocale come sacerdote di Giove.

Per la prima volta sul podio della Frankfurter Opern- und Museumorchester l’esperto händeliano Laurence Cummings dirige seduto al cembalo riuscendo a ottenere un suono plausibilmente autentico, agile e pulito, e una tensione drammatica che attraversa il vasto spettro di affetti della partitura händeliana. Notevole anche il controllo con il movimentato palcoscenico, specialmente del coro.

Teatro gremito per uno dei momenti forti della stagione dell’Oper Frankfurt con esito trionfale per tutti, ma soprattutto per Paula Murrihy, per il coro e per Barrie Koksy e il suo team.

 

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